paferrobyday

Earth calls planet Bush, do you copy?

A quanto pare il discorso di Bush sull'Iraq è stato il peggiore di sempre, almeno secondo  molti commentatori USA le cui opinioni sono state raccolte,  con la consueta cattiveria,  da Dan Froomkin. Ma la cosa che ha fatto  andare in bestia tutta la blogosfera liberal è stata la fola delle 36 nazioni che starebbero  aiutando  lo sforzo bellico USA, ottenuta mettendo insieme nazioni che hanno inviato un solo soldato in Iraq. E per compiti umanitari.
Washington Post, TPM

La questione degli alimenti

Che ormai in Iraq si vada verso lo smembramento dello stato nazionale sono in pochi a non pensarlo. Solo che gli ottimisti pensano che sia ancora possibile con un costo non troppo alto di vite umane, mentre i pessimisti dipingono scenari apocalittici. La soluzione più razionale potrebbe essere quelle di raggiungere un accordo politico tra iracheni sulla spartizione delle royalties derivanti dal petrolio (aka: gli alimenti),   approfittando del peso che le truppe USA stanno sopportando per rallentare la discesa nel maelstrom del Paese. Un peso che per gli USA è sempre meno giustificato, Ma pare che le élite politiche irachene siano riuscite nel non facile compito di affondare un compromesso su questo argomento faticosamente raggiunto a febbraio.
New York Times

Menare il can per l'aia

Alla fine - con la gag del microfono che non ne vuole sapere di funzionare - le testimonianze del generale Petraeus e dell'ambasciatore Crocker hanno lasciato le questioni vere - dobbiamo ritirarci dall'Iraq e quando? - senza risposta. A questo punto - visti i rapporti di forze nel Congresso che non consentono ai democratici di fermare Bush, ma solo di rallentarlo - il ritiro sarà compito del prossimo presidente  il quale  si troverà da subito a dover fare i conti con questa eredità. Comunque qui la testimonianza del generale e qui quella dell'ambasciatore. Qui invece un riassunto dell'audizione.
Washington Post, TPM, New York Times

Faccia da rifugiata

Riverbend ha ripreso ad aggiornare il blog. Ma ora non è più a Baghdad:  è scappata  in Siria. E' che non ha avuto pazienza e che a Baghdad la CBS non si prende. Altrimenti Katie Couric l'avrebbe convinta che la situazione non è poi così tragica. Ma può anche dipendere dal fatto che non tutti hanno la fortuna di avere la scorta di un plotone di marines.
Riverbend via Andrew Sullivan

Outsourcing

"Can anyone explain to me why we put civilians in the middle of known ambush sites?". La spiegazione la prova a dare il LAT che indaga sulla morte di sei autisti  assunti dalla KBR e di due GI (non contando i due, un soldato e un autista,  ancora dispersi) in un imboscata sulle strade dell'Iraq nel 2004. E la risposta è che nonostante la KBR sapesse della pericolosità della strada  e nonostante la contrarietà di molti al suo stesso interno l'azienda non fece nulla per evitare il massacro.
Los Angeles Times

Paul Wolfowitz d'annata

In effetti ci sono molti paragoni possibili tra l'Iraq e il Vietnam. Per esempio ai tempi della guerra del Vietnam c'era un Paul Wolfowitz. Si chiamava Walt Rostow. Quello invece che finì alla Banca Mondiale - e per la verità non fu poi costretto ad andaresene - fu Robert McNamara.
Los Angeles Times

Minchia, signor presidente (Eggheads' Remix)

Anche gli esperti non vedono più tanto bene  l'invasione dell'Iraq. Qui lo studio nella sua interezza.
Foreign Policy via Andrew Sullivan

Minchia, signor presidente...

Sette soldati - tutti graduati di truppa -,   in procinto di lasciare l'Iraq,  scrivono un editoriale sul NYT. La notizia è su tutti i siti italiani, ma  vale la pena di leggersi l'analisi in originale. E di accorgersi che uno degli estensori dell'articolo si è beccato una pallottola in testa il 12 agosto, pochi giorni prima della pubblicazione del pezzo sul NYT. Per dire che non è che i sette abbiano studiato le cose nella biblioteca della Heritage Foundation o della Brookings Institution. Forse è per questo che suona così vera. E così dannatamente pessimista.

In a lawless environment where men with guns rule the streets, engaging in the banalities of life has become a death-defying act. Four years into our occupation, we have failed on every promise, while we have substituted Baath Party tyranny with a tyranny of Islamist, militia and criminal violence. When the primary preoccupation of average Iraqis is when and how they are likely to be killed, we can hardly feel smug as we hand out care packages. As an Iraqi man told us a few days ago with deep resignation, “We need security, not free food.” In the end, we need to recognize that our presence may have released Iraqis from the grip of a tyrant, but that it has also robbed them of their self-respect. They will soon realize that the best way to regain dignity is to call us what we are — an army of occupation — and force our withdrawal.

New York Times

Parole sante

Dick Cheney  spiega che  l'idea di invadere l'Iraq è un'enorme cazza*a. Peccato che sia un'intervista del '94. Peccato che poi abbia cambiato idea. Peccato che Cheney sia stato il principale responsabile della messa in opera della cazza*a.

LiveLeak via BoingBoing

Un uomo solo al comando

Un ottimo ritratto del generale David Petraeus e della sua missione impossibile: pacificare l'Iraq.Invece c'è da segnalare  un resoconto molto meno ottimista della situazione nel Paese di quello di Michael E. O’Hanlon e Kenneth M. Pollack, fatto da Anthony H. Cordesman del Center for Strategic and International Studies. La cosa divertente è che i tre hanno viaggiato insieme.
The New Republic, CSIS Reports